In Italia c’è una grossa fetta della popolazione appassionata di fuoristrada. Nel senso più ampio del termine. C’è infatti chi ama lasciarsi alle spalle le strade d’asfalto per tuffarsi con la propria bicicletta – normale oppure elettrica – tra i sentieri e le tracce in mezzo ai boschi. C’è poi chi, con la propria moto da enduro o con il quad, si diverte a conquistare strade forestali, mulattiere e segnavia. E ancora, c’è chi con il proprio 4×4 è solito muoversi sulle strade forestali e sugli sterrati. In assenza di divieti specifici, o godendo di particolari permessi, muoversi fuoristrada è infatti del tutto regolare e legittimo. Ed è stata proprio una legge che sembrava vietare il fuoristrada a dimostrare quanti sono gli italiani che tengono parecchio alla viabilità forestale a motore e in bicicletta. A partire dal dicembre 2021 si erano infatti levate parecchie voci di protesta, in seguito all’entrata in vigore di una norma che sembra aver introdotto il divieto di fare fuoristrada. Ma cosa dice davvero il decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali? Lo anticipiamo subito: nonostante il grande caos causato dalla pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale, le cose in realtà sono di fatto come erano in precedenza.
C’è una data che gli appassionati di fuoristrada non scorderanno facilmente. Si tratta del 16 dicembre 2021, giorno in cui è scaduta la “vacatio legis” del decreto del Ministero delle Politiche Agricole, con l’entrata in vigore del temuto divieto di fuoristrada in tutta Italia. Firmato dal Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli, dal Ministro della Cultura Dario Franceschini e dal Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, il decreto sembrava insomma aver proibito del tutto il traffico ordinario sulla viabilità forestale. Gli ambientalisti, gli animalisti e gli amanti della quiete assoluta nei boschi avevano già iniziato a festeggiare. Dal canto loro, associazioni come ANCMA (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori) e FMI (Federazione Motociclistica Italiana) hanno fatto sentire la propria voce, chiedendo lumi al Ministero. Di certo il decreto, per tutte quelle persone che amano scorrazzare a pedali o a motore sui sentieri, costituiva per come era stato compreso una mazzata notevole. Tanto da spingere le due associazioni a scrivere che «si tratta di una norma miope, che può creare potenzialmente un grave danno economico al mercato, all’intera filiera, alle attività ludiche e sportive e a quelle legate all’accoglienza e al turismo». Le lamentele sono state tali da costringere il Ministero a presentare una pronta risposta, un chiarimento di certo accolto favorevolmente. «Il decreto non può (e non vuole) introdurre norme innovative o restrittive aventi ad oggetto la transitabilità o la fruibilità della viabilità forestale» ha spiegato il Ministero in una nota, aggiungendo che «né tantomeno può produrre effetti interdittivi della possibilità di organizzare attività ludico-sportive nelle aree bosco».
Ma cosa dice nel concreto il decreto?
Il criterio incriminato, dunque, in realtà non introduce nessun divieto di fare fuoristrada, e non cambia la fruibilità della viabilità forestale. Anche se in una prima lettura sembrerebbe proprio questo non solo lo scopo, ma persino il motivo d’essere della legge. Solo con la nota pubblicata successivamente dal Ministero si capisce invece che in realtà il decreto si limita a definire i criteri minimi nazionali sulle tipologie e le caratteristiche della viabilità forestale e silvo-pastorale. Nell‘articolo 3 del decreto per esempio si vanno a classificare le vie di questo sistema stradale, dividendolo tra la categoria principale, la categoria secondaria e i tracciati di uso e allestimento temporaneo. Per ogni categoria, dopo aver indicato le caratteristiche tecniche e costruttive, si spiega anche quali sono “le tipologie di mezzi transitabili esemplificativi”. Questo, unito a quanto riportato nell’articolo 2, aveva fatto alzare le orecchie agli appassionati di fuoristrada. Qui si legge infatti che «indipendentemente dal titolo di proprietà, la viabilità forestale e silvo-pastorale e le opere connesse sono vietate al transito ordinario e non sono soggette alle disposizioni discendenti dagli articoli 1 e 2 del Codice della Strada». Insomma, la viabilità forestale non corrisponde a quella stradale, avendo leggi proprie. Va poi sommato il fatto che la norma richiama più volte il decreto legislativo numero 34 del 3 aprile 2018, dove si dice per l’appunto che la viabilità forestale risulta «inibita al traffico ordinario». Di fatto a tutti gli interessati era parso che il decreto mettesse la parola fine alle possibilità di gite off-road con fuoristrada, quad, enduro e mountain bike. Ma è stato per l’appunto lo stesso Ministero a spiegare che non è stato introdotto nessun divieto di fare fuoristrada.
Si scopre così che in realtà la gestione della viabilità forestale e silvo-pastorale sarebbe a carico delle singole Regioni. Scrive infatti così il Ministero in risposta alle domande e alle lamentele di ANCMA e FMI: «la competenza primaria in materia è delle Regioni, ed ogni regione e provincia autonoma ha già una sua legge regionale che disciplina gli aspetti strettamente tecnici e la fruibilità di tali viabilità». Quanto all’inibizione al traffico ordinario, quella regola precisa esiste già per l’appunto fin dal 2018, senza peraltro che vi sia stato nessun contraccolpo sulla fruizione della viabilità forestale. Come precisato dal Ministero, «nulla si innova in merito al transito autorizzato sulla predetta viabilità, fermo restando che, come espressamente previsto all’articolo 2, comma 3 del decreto, le strade e le piste forestali non sottostanno ai criteri di sicurezza previsti per la viabilità ordinaria, poiché si tratta di viabilità esclusa dal Codice della Strada».