L’attenzione dei confronti della salute dell’ambiente sta fortunatamente aumentando. Per questo molti aspetti della nostra vita stanno progressivamente mutando. Si stanno via via riducendo gli utilizzi di oggetti usa e getta in plastica, cresce sempre più la raccolta differenziata, aumentano le persone che optano per operatori che forniscono energia pulita, e via dicendo. E, ovviamente, stanno diventando sempre meno inquinanti anche le nostre automobili, con motori a combustione interna che producono meno particolato e, soprattutto, veicoli elettrici ormai piuttosto accessibili. Ma qual è effettivamente l’inquinamento legato al motore delle automobili? E perché qualcuno parla in modo sempre più insistente dell’inquinamento legato ad altri componenti dell’auto, come pneumatici e freni?
Mettiamo per il momento da parte il discorso legato alle automobili elettriche, e soffermiamoci unicamente sui veicoli con motore a combustione interna, e quindi a benzina e diesel. La sostanza più pericolosa prodotta da questi motori è il particolato, ovvero una combinazione tra sostanze inorganiche e organiche con particelle estremamente piccole. Parliamo anche e più in particolare di composti organici volatili, dannosi sia per l’ambiente che per la nostra salute, in quanto capaci di entrare facilmente nei polmoni. È difficile in ogni caso dire quanto i motori delle macchine inquinano, per il semplice fatto che i fattori sono tantissimi, e perché gli inquinanti sono di diverso tipo. L‘Environmental Protection Agency ha comunque stimato che i veicoli a motore producono circa la metà degli inquinanti come particolato, ossido di azoto e composti organici volatili. La situazione peggiora nelle aree urbane, in cui gli autoveicoli sono i diretti responsabili per una quota tra il 50 e il 90% dell’inquinamento atmosferico. Si può quindi argomentare che impianti di riscaldamento, industrie e altre fonti contribuiscono in modo notevole all’inquinamento atmosferico, ma non si può negare che una fetta importante del problema sia costituita ancora oggi dalle automobili. Ma attenzione: sarebbe errato concentrare l’attenzione sui soli motori.
Come sappiamo esistono ormai a livello internazionale delle regole piuttosto precise che vanno a limitare progressivamente le emissioni dei motori. Nel tempo sono state introdotte varie etichette, mirate per l’appunto a indicare il livello di emissione di quella o di quell’altra vettura, di volta in volta Euro 3, Euro 4, Euro 5 oppure Euro 6. Non sono però unicamente i motori a inquinare: ci sono anche altre componenti dei veicoli che producono emissioni che non possono essere trascurate. In particolare, al fianco del motore, dovrebbero essere presi in considerazione anche freni e pneumatici. Questi ultimi, nello specifico, contribuiscono all’inquinamento dei veicoli in diversi modi. Tutti sappiamo, per esempio, che le condizioni degli pneumatici influenzano in modo importante i consumi di un mezzo, e quindi il livello di inquinamento. Un’auto che viaggia con delle gomme sgonfie, per esempio, consuma più carburante, e inquina dunque di più. Un discorso simile può essere peraltro fatto anche nel caso di pneumatici usurati, che comportano un maggior surriscaldamento, e di nuovo un maggior consumo.
Non è però tutto qui. La stessa usura delle gomme costituisce un’ulteriore e spesso non calcolata fonte di inquinamento. E se le regole hanno via via fatto diminuire le emissioni di particolato dei motori a combustione, non esiste attualmente nessuna norma che regola le emissioni dovute agli pneumatici, che rientrano nelle cosiddette NEE, ovvero non-exhaust emission. Secondo Emission Analytics, le NEE costituirebbero il 60% di PM2.5 e del 73% di PM10, due tra le più pericolose particelle che si trovano in particolar modo nelle aree abitate. Come sottolineato da Richard Lofthouse, di Emissions Analytics «è tempo di considerare non solo ciò che fuoriesce dal tubo di scarico di un’auto, ma l’inquinamento da particelle di pneumatici e usura dei freni. I nostri test iniziali rivelano che può esserci una quantità scioccante di inquinamento da particelle di pneumatici, fino a 1000 volte peggiore delle emissioni dallo scarico di un’auto».
Anche leggendo quanto detto sopra si può confermare ancora una volta che una guida prudente e attenta può far risparmiare soldi e ridurre l’inquinamento. Chi guida in modo fluido, senza frenate improvvise, riduce infatti i consumi di carburante, e prolunga la vita degli pneumatici. Ma come è possibile, nel concreto, ridurre l’inquinamento causato dalle gomme dell’automobile? Prima di tutto è bene accertarsi di avere sempre pneumatici in ottime condizioni. Al di là dell’adattamento dello stile di guida diventa dunque fondamentale controllare regolarmente la pressione delle gomme. E questa purtroppo non è un’abitudine diffusa. Stando ad Assogomma, infatti, oltre la metà degli italiani è abituata a circolare con pneumatici sgonfi, con una conseguente usura maggiore e consumi incrementati. È poi opportuno programmare delle visite regolari al gommista, per controllare l’usura della gomma ed eventualmente per invertirle, avendo sempre cura di usare le gomme adatte in base alla stagione. Una volta usurate, inoltre, le gomme dovrebbero essere immediatamente cambiate. Certo, il fatto stesso di cambiare degli pneumatici potrebbe essere visto come un ulteriore inquinamento; grazie alla possibilità di riciclare le gomme, però, non deve essere necessariamente così.
Tutti abbiamo in mente i mucchi di gomme vecchie che si possono vedere in certe discariche. A partire dal 2011, e con l’entrata in vigore di un preciso regolamento ministeriale, in Italia ha debuttato ufficialmente il riciclo degli pneumatici fuori uso (RFU). Ci sono infatti diverse aziende che si dedicano esclusivamente al riciclo delle vecchie gomme. Si calcola che, riciclando circa 2 milioni di tonnellate di pneumatici, sia possibile risparmiare oltre 3 milioni di tonnellate di materie prime, nonché evitare il rilascio di 3,3 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente.
Il riciclo delle gomme può essere usato per produrre energia per centrali termoelettriche, per cartiere o altre industrie. Gli pneumatici fuori uso hanno infatti un potere calorico simile a quello del carbone, a fronte di emissioni molto minori. I granuli ottenuti dal riciclo possono inoltre essere usati per creare isolanti, pavimentazioni, asfalto a bassa rumorosità, nonché oggetti dei più diversi tipi.