L’obiettivo dei posti di blocco organizzati dalle forze dell’ordine è chiaro: il loro intento è quello di individuare eventuali comportamenti pericolosi da parte degli automobilisti e sanzionarli, così da dissuadere quelle persone dal ripetere le medesime infrazioni. È dunque chiaro che chi decide di segnalare i posti di blocco agli altri automobilisti, di fatto, impedisce alle forze dell’ordine di compiere il proprio lavoro. Significa forse che questo comportamento costituisce un reato o una infrazione del Codice della Strada, e che è dunque punibile? Insomma, è possibile essere multati o denunciati per aver segnalato agli altri automobilisti la presenza di una pattuglia lungo la strada?
Sarà probabilmente capitato anche a te di vedere sopraggiungere, sulla corsia opposta, delle automobili che lampeggiavano i fari per segnalare la presenza di un blocco stradale. Si tratta di una vecchia furbizia, di una strana forma di cortesia tra automobilisti che, così facendo, incentivano tutti gli altri a moderare la velocità, per non imbattersi in una sanzione.
La tipica ‘sfanalata’, però, non è più l’unico mezzo per segnalare i posti di blocco: come forse saprai, i social network vengono usati sempre più spesso proprio per avvisare gli altri automobilisti della presenza di pattuglie lungo le varie arterie stradali. Sono infatti spuntati qui e lì, a macchia di leopardo, dei gruppi WhatsApp e Facebook dedicati proprio a questo scopo. Anche in questo caso – e forse ancora di più – la domanda sorge spontanea: è legale segnalare i posti di blocco?
Il dubbio che ti ha spinto a leggere questa pagina era fondato: segnalare i posti di blocco costituisce effettivamente un reato. Nella fattispecie si parla di reato di interruzione di pubblico servizio, e come tale viene punito secondo quanto previsto dal Codice Penale. Nello specifico, la Polizia di Agrigento, dopo aver scoperto un gruppo WhatsApp usato per segnalare i posti di blocco, ha denunciato tutti gli utenti che avevano inoltrato degli avvisi, richiamandosi all’articolo 340 del Codice Penale: si tratta esplicitamente, infatti, di interruzione o di turbativa di pubblico esercizio.
Il fine ultimo delle segnalazioni telematiche degli utenti è senz’altro quello di aiutare degli automobilisti ‘irregolari’ – che guidano troppo veloce o in stato di ebbrezza – ad aggirare un posto di blocco. Da qui il senso delle denunce come quelle effettuate dalla polizia di Agrigento, le quali possono portare alla reclusione fino a un anno. Chi invece ha promosso l’interruzione del pubblico esercizio – creando dunque un apposito gruppo su Facebook o su WhatsApp – rischia fino a 5 anni di reclusione.
Quello di Agrigento, del resto, è solo uno dei tanti casi finiti sotto la lente delle Forze dell’Ordine. Lo sanno bene i carabinieri di Rimini, i quali hanno individuato un gruppo segreto con oltre 10.000 utenti, volto proprio alla segnalazione dei posti di blocco. Qui, per aggirare il reato, gli utenti utilizzano dei nomi finti, per lo più tratti dal mondo della televisione, per indicare carabinieri e polizia. Non c’è da stupirsi: il gruppo segreto si chiama infatti Animali fantastici e dove trovarli – Rimini.
Rischia molto meno, invece, chi segnala i blocchi stradali con i fari: se colti sul fatto, questi automobilisti vanno incontro a una sanzione amministrativa costituita da una multa di 42 euro e dalla decurtazione di un punto dalla patente.